Diario del 12° Giorno Tappa Skibotn-Alta
14 Luglio 2002,
Buongiorno!
Non piove, quindi ci sbrighiamo a smontare il campo e ci incamminiamo verso il paese, intenzionati a fare una bella colazione secondo l'uso locale (qualunque esso sia, dato che ancora non ci è ben chiaro).
Non abbiamo fatto i conti col calendario: di domenica è davvero arduo trovare negozi aperti (e anche distributori di benzina). Troviamo a stento uno dei soliti mini-market, e compriamo due litri di latte e tre pacchi di biscotti (volatilizzati in pochi minuti). La strada è davvero deserta. Ai confini del Finnmark (la regione più settentrionale) facciamo un nuovo incontro con bancarelle di Sami, sulla cima di un passo (ne incontreremo altri in seguito ad ogni valico). Vendono souvenir e pezzi d'artigianato. Qui però sembra tutto molto turistico, con le vecchiette in costume che accettano anche carta di credito. Il nostro consiglio per chi voglia fare acquisti è di dare un'occhiata e proseguire, dato che più avanti i prezzi scendono e aumenta la genuinità dei prodotti.
Giungendo ad Alta ci fermiamo per visitare il locale museo e l'area di graffiti rupestri (oltre 3000, su 5 chilometri di percorso). Il ragazzotto della biglietteria (70 corone a testa) prova a fare il furbo con i resti (occhio), non rendendosi bene conto che non siamo polli proprio del tutto. Chiariti gli equivoci senza eccessivo spargimento di sangue ci immergiamo nel percorso.
Qui hanno un'idea di museo diversa dalla nostra: il museo è uno spazio in cui convivono archeologia (o storia, arte...) con folclore, natura, passatempi per i bambini e via dicendo. Discutibile l'accostamento fra i graffiti e le armi dell'esercito norvegese, o con i costumi Sami o ancora con la storia delle cave di ardesia o le aurore boreali (per non dire delle attività di pesca), però il complesso raggiunge il suo scopo.
Quel che ci interessa sono i graffiti, che visitiamo con calma ed attenzione, seguendo le indicazioni dello stampato (in italiano) che ci hanno dato all'ingresso. Ci sorprendiamo, perché lungo il tracciato riconosciamo distintamente figure graffite che non vengono riportate né sul depliant, né sul terreno. O sono ciechi (e noi geni), o è stato scelto di mettere in risalto solo parte dei segni (soprattutto quelli che vanno a formare grossi quadri d'insieme). Ale dimostra di avere la mentalità troglodita, riconoscendo i disegni (non sempre di facile interpretazione) senza l'ausilio della guida.
Alcune cose non ci sono però chiare: Come hanno fatto gli archeologi a stabilire che i pesci rappresentati sono tutti ippoglossi? Esiste davvero un pesce con un nome simile? Ma soprattutto: come fanno a tirare fuori strane teorie sulla concezione cosmica dei "fumettisti", della teoria dei mondi diversi (d'acqua e di terra), del simbolismo legato alla renna e bla bla bla, se i graffiti sono opera di una cultura di cui abbiamo come unica testimonianza punte di freccia e di lancia, e di cui non si sapeva niente fino al 1925? Come fanno a stabilire che i graffiti sono stati realizzati dalla popolazione dei Komsa, se nessuno ci ha tramandato questo nome? Se lo sono inventati loro per praticità? Speriamo di ottenere una risposta nel forum (o su Rieducational channel).
Seguendo il filo di questi ragionamenti la visita scorre via veloce e gradevole.
Per il pernottamento abbiamo solo l'imbarazzo della scelta: uscendo dalla statale c'è un'area con tre bei campeggi in successione. Noi scegliamo l'ultimo (dovrebbe avere prezzi concorrenziali). Decidiamo di prendere una hytte, dato che le tende non sono del tutto asciutte.
Sistemati i bagagli ci dirigiamo verso quello che si chiama "centro". In realtà sono alcuni complessi di negozi e servizi (banca, posta...) completamente deserti. Troviamo a stento un posto dove mangiare. Tentiamo Kotoletten, attirati dal nome non troppo esotico. Tuttora non siamo coscienti di cosa abbiamo mangiato, e aggiungiamo questo dubbio esistenziale a quelli già elencati, fiduciosi nell'aiuto di qualche gastronomo. Ci informiamo sulla presenza di qualche internet-point. Ce ne sono addirittura due, ma entrambi certamente chiusi, ci dicono, visto l'orario (20.30). Andiamo sul posto, per controllare l'orario di apertura di domani.
Fatalità del caso, invece, il primo point (Kom-inn) è aperto, e popolato da un buon numero di ragazzi dall'aspetto tranquillo. I prezzi non sono modici (1 corona al minuto), ma la velocità di connessione è la più alta incontrata finora. In breve riusciamo a mettere in rete tutte le foto che ci portavamo dietro da giorni. Una ragazza con la maglietta di Superman ci propone di fermarci (ci sarà musica fino a mezzanotte), noi tentenniamo, ma preferiremmo prenderci una birretta in campeggio, tutto sommato.
Sulla via di casa raccogliamo due giovanissime autostoppiste dirette al campeggio accanto al nostro (del resto abbiamo lasciato i bagagli, ed è raro per noi avere tanto spazio in macchina).
Al campeggio tutto tace. Rimane però la voglia di bere qualcosa. Gianfranco non ha voglia di uscire, preferendo farsi una bella doccia. Gli altri, non sapendo cosa fare, ritornano al Kom-inn, dove li attende una sorpresa.
Entriamo mentre un giovane parla accoratamente dal piccolo palco, in un angolo del locale. Ci bastano due occhiate e tre secondi per vedere tutto quello che non avevamo visto al primo approccio: Un quadro con una colomba , un altro con una croce, la maglietta di superman che in realtà ha su scritto jeSus, e come se non bastasse una scritta in caratteri cubitali sulla porta: DU.ER.ELSKA.AV.GUD (Tu sei amore di Dio, si direbbe). SIamo in una sorta di oratorio, e il ragazzo che parla è un giovane predicatore evangelico. Per quel che riusciamo a capire il discorso è interessante (in realtà tutte cose già sentite), ma a rendere grottesca la situazione è la presenza di un gruppetto di ragazzi nordafricani, che ascoltano con l'aria di chiedersi reciprocamente "ma davvero questo qua pensa di convertirci così, con due parole?". Inizia anche la musica (di argomento religioso, molto piacevole).
Approfittiamo della confidenza presa col gestore e con Superman, per farci spiegare cosa sia la bibita "Champagne", che abbiamo visto in diversi supermercati. Sembra sia una specie di sciroppo di uva, mela, susina e pera, ma gassato. Ci lasciamo tentare e ne ordiniamo tre. Torneremo a casa con le pance tese come tamburi. Immaginate di sciogliere un pacchetto di Big-Babol in mezzo litro di acqua Farris (cfr. Diario2).
Ci separiamo, chiacchierando qua e là con i ragazzi del posto, approfittando per farci spiegare qualcosa sulle abitudini alimentari, sul clima (ci dicono che maggio e giugno sono stati sereni come mai era capitato negli ultimi anni, poi siamo arrivati noi). Ale sale sul palco col trio che suona, ma rifiuta il microfono che gli viene offerto. Qualcuno ci ha preso per russi (non ci era mai successo prima). Passa la mezzanotte, ma di andarsene non è proprio aria. Arrivano provviste, e viene organizzato un piccolo banchetto. Ce ne andiamo solo dopo la foto di rito, con molti dei ragazzi rimasti. Speriamo di poter tornare qui martedì per upgradare il sito e salutare ancora questi simpatici ragazzi.
La giornata muore così, con un sorriso ritrovato e col sole ancora alto, dietro le nuvole.
Galleria di immagini:
Primo panorama dopo giorni di pioggia
Al museo di Alta: foto 1 foto 2 foto 3 foto 4 foto 5 foto 6 foto 7