Diario del 23° Giorno Tappa Oslo-Casa

25 Luglio 2002,

È l'ultima pagina del viaggio, e ci sentiamo spaesati e fuori posto. È strano svegliarsi qui stamattina, come se già si sentisse un'aria diversa. Anche il sole è tornato a farsi vedere, come se volesse salutarci anche lui.

Siamo fuori dall'albergo (dove abbiamo lasciato i bagagli) intorno alle 11, e iniziamo il solito giro (anche Ibsen faceva sempre la stessa passeggiata). Compriamo ancora qualche cartolina, poi arriviamo alla stazione centrale per comprare i biglietti del treno per l'aeroporto. Ci danno resto in eccesso e noi (che non ce ne accorgiamo subito) torniamo addirittura indietro per restituirlo (quando si dice "l'onestà!").

Ci guardiamo intorno avidi di immagini da portarci dietro, cercando fra i parchi, le strade e i visi della gente le cose che più meritano di essere ricordate. Pranziamo lentamente (ma forse è più un brunch che un pranzo, visto l'orario). Tornando all'albergo ci fermiamo al palazzo reale, dato che all'una e mezza c'è il cambio della guardia, che vale la pena di essere visto. Una sentinella si muove (un po' a marionetta, diciamolo pure) davanti all'ingresso, mentre lontano sulla destra c'è il corpo di guardia, nel quale si fanno gli ultimi preparativi. Una piccola folla si è assiepata davanti al portone mentre sul piazzale, incurante di tutto, una ruspa spiana il ghiaino rosso lavato via dalle piogge di questi due giorni. Provate ad indovinare chi c'è in prima fila davanti al portone: 

a) Alberto Tomba b) noi c) i coreani

La cerimonia, in realtà, non ha luogo davanti al palazzo, ma di fronte al corpo di guardia, quindi assistiamo alle grandi manovre del pubblico che, compatto si trasferisce nella nuova sede. Non stiamo a dirvi, al termine del riposizionamento, chi sarà in prima fila, confidando nelle vostre doti di intuito e senso dell'umorismo.

Il tempo incalza, e bisogna trasbordare i bagagli fino alla vicina stazione (quella del teatro Nazionale: l'altra importante è la stazione centrale). All'andata il percorso si era dimostrato faticoso, va meglio stavolta che siamo in discesa, ma la fatica si fa sentire eccome.

La stazione è di un tipo per noi inconsueto. L'ambiente è ampio (niente a che vedere con i tunnel stretti delle nostre linee), come una vera stazione ferroviaria. Ci sono due binari per ogni direzione (ad accessi separati), sui quali i convogli si susseguono con cadenza incessante. Fatto per noi anomalo è che sulla stessa linea transitano sia la metropolitana che i treni veri e propri (il nostro è un intercity, anche se la definizione sembra esageratamente lusinghiera). Nei pochi minuti di attesa abbiamo anche il tempo di veder passare un treno-merci.

N.B.:Se per scendere in città dall'aeroporto tutti i treni verso sud sono buoni, per la tratta inversa bisogna prendere il treno con destinazione Eidsvoll.

Impieghiamo tre quarti d'ora per raggiungere l'aeroporto, in modo da avere ampio margine di tempo per qualsiasi tipo di imprevisto.

Il vantaggio accumulato verrà speso in piccola parte per il recupero dei soldi al Tax-free, e per il resto (cioè quasi interamente) al check-in: ci vogliono quasi 20 minuti (e numerosi trasbordi di materiale da una valigia all'altra) per riuscire a stivare il carico senza dover pagare la sovrattassa (che sarebbe anche giusta, dato che abbiamo una ventina di chili di bagaglio in esubero).

Avendo gonfiato i bagagli a mano come cornamuse, ci avviciniamo all'area dei controlli, cominciando a temere che al metal detector cominci la solita sinfonia. Pippo, per precauzione, ha eliminato qualsiasi tipo di accessorio; Ale svuota le tasche (riuscendo a tirare fuori un'infinità di cosette). Gianfranco, invece, ha ritrovato il suo habitat naturale, e si muove come una rana in uno stagno, già facendo i conti col cambio, per valutare le spese da fare al duty-free. Si limiterà alle due classiche stecche di sigarette (in realtà deve ancora esaurire quelle accumulate nei suoi numerosi e recenti viaggi).

In aereo si mangia e si sonnecchia, ci fanno vedere di nuovo il solito cartone animato di Tom e Jerry (sempre accompagnato dalle risa di Gianfranco, che sembra non averlo visto mai). Del resto aveva fatto lo stesso all'andata (cfr. Diario 1).

A Zurigo, con nostra somma sorpresa, l'aeroporto sembra la piazza del mercato di Seul. Coreani a perdita d'occhio, raccolti da tutto il mondo e pronti a riversarsi in ogni angolo della terra, ad invadere musei e negozi. Per la prima volta i tedeschi sono in minoranza (sembra che queste due nazioni abbiano una specie di "chiusura estiva", e che tutti vadano in ferie contemporaneamente). Cominciamo a sentirci perseguitati. Sul nostro volo si imbarcheranno (oltre ai suddetti), un gruppo di scouts romani, un manipolo di giapponesi ed un altro di cinesi (che all'inizio non avevamo notato, data la loro compostezza), una signora milanese e pochi altri viaggiatori solitari.

All'imbarco aspettiamo che si esaurisca la fila e saliamo per ultimi (nel frattempo iniziamo a fare scommesse sulla sorte dei nostri bagagli, e sui rischi di esplosione in volo, dato che nel bagaglio a mano portiamo una bottiglia di Champagne e due della famigerata acqua Farris).

L'aereo è più piccolo degli altri su cui abbiamo volato. Un paio di colli non trovano spazio nel portabagagli. Gianfranco ne tiene uno sotto il sedile, Pippo non riesce a far entrare il suo nemmeno lì. In soccorso arriva una hostess che dapprima tenta ancora di far entrare la borsa nel bauletto (operazione impossibile a chiunque, se non si è capaci di deformare un aeroplano), poi cambia tattica e assicura saldamente il borsotto (divenuto valigione dopo il check-in) su un sedile libero. Arrivato a casa Pippo scoprirà con orrore che queste manovre hanno procurato l'apertura e la dispersione totale del dentifricio. Anche questo secondo volo è tranquillo, peccato per le nuvole che non ci hanno permesso di goderci lo spettacolo delle città illuminate alle prime ore della sera.

Per la prima volta da quando siamo partiti vediamo una stella (in realtà è Venere, ma non vogliamo essere troppo fiscali). Arriviamo in un buio per noi irreale, con la pista che compare dal nulla sotto i nostri piedi solo all'ultimo momento. Il resto è routine, con il trasferimento in navetta, Ale che spara a destra e sinistra frasi elementari in Giapponese (seguito con curiosità dai Nippo-turisti), il ritiro dei bagagli... L'arrivo di quelli dei cinesi, salutata con grida di giubilo da tutto il gruppo, sembra "OK il prezzo è giusto": friggitrici, videoregistratori, cassette di vino (!) e quant'altro si possa immaginare.

All'esterno un piccolo comitato di benvenuto ci raccoglie, stanchi ma felici, per riportarci a casa.

 

Galleria di immagini:

City tour: foto 1  foto 2   foto 3

Cambio della guardia da dietro i coreani

Metropolitana

La gioventù del borgo

All'aeroporto di Oslo: foto 1   foto 2

Flying time (part one): foto 1   foto 2   foto 3

Scouts a Zurigo

Flying time (part two): foto 1   foto 2   foto 3

Finalmente a casa: foto 1   foto 2

Comitato di benvenuto

 

 

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