Diario del 14° Giorno Tappa Nordkapp-Alta

16 Luglio 2002,

(Tanti auguri a Bernard)

 

Alta, 1.30:

Ci eravamo ripromessi di alzarci presto, per eventuale fuga di fronte al maltempo, ma non ce ne sarà bisogno. Ale esce di tenda poco prima delle 6, tutto è avvolto nella nebbia e nel silenzio.

Alle 7.45 suona la sveglia: "ancora 5 minuti" ci diciamo. I 5 minuti durano fin quasi alle 9. È l'ora di apertura del centro. La tenda B è subito operativa. Funzionalissimi e caldi i bagni del centro, troppo per lasciarsi sfuggire l'occasione. Del resto quasi tutti i turisti arrivano nel tardo pomeriggio... Poco dopo anche la tenda A si rianima. Creiamo una specie di staffetta dell'igiene, dopodiché iniziamo a levare le tende, ed ammainiamo la bandiera con gesto solenne.

Non c'è tempo da perdere, perché oggi è giornata di escursione.

Bisogna sapere che in realtà Capo Nord (71° 10I 21II) non è il punto più settentrionale d'Europa, essendo un poco più a sud del vicino promontorio di Knivskjelodden (71° 11I 08II). La posizione senz'altro più scenografica e meglio accessibile di cui gode sono alla base del successo turistico di Capo Nord.

Raggiungere Knivskjelodden prevede una gitarella di un paio d'ore sui saliscendi di Magerøya; perché lasciarsi perdere questa occasione? Arriviamo al punto di partenza, e constatiamo che fra andata e ritorno si tratta di 18 chilometri. Allegramente ignoriamo l'allarmante notizia e ci incamminiamo baldanzosi sotto un sole sempre più caldo.

L'ambiente è suggestivo, ma spoglio. Pian piano cominciano ad aumentare le pietre, che rendono abbastanza faticosa la marcia, ma noi andiamo avanti tranquilli. Superiamo una, due persone lungo il percorso: il sentiero è ben segnato (qui usano delle T rosse tracciate su pietre ben visibili). Ci sono alcuni tratti di pantano, a volte fastidiosi da attraversare. Nelle vicinanze di queste zone più umide l'erba cresce più alta, e in questo tipo di ambiente, sulle rive di un bel laghetto, incontriamo un piccolo branco di renne.

Il nostro passaggio le allarma e si ritirano frettolosamente verso valle. Dalla ritirata rimane però tagliata fuori una femmina con un piccolo, che scappano invece a monte. Abbiamo così modo di osservare l'intelligenza e l'organizzazione del gruppo, guidato da un bel rennone bianchissimo. Per prima cosa il branco cerca di precederci aggirando il lago sulla riva opposta, con la femmina isolata che ne accompagna il movimento con cautela. Poi (vistisi superati) tutti invertono la marcia e spariscono alla nostra vista. Nel giro di un minuto ci accorgiamo che i furbastri ci hanno aggirato alle spalle, e sono di nuovo tutti insieme felici e contenti sul crinale della montagna. Complimenti davvero.

Il sentiero precipita dapprima verso il mare, poi accompagna una stretta penisola, fino a destinazione. Arriviamo piuttosto provati (=stremati), quando ormai è ora di pranzo (e noi non abbiamo fatto neanche colazione). Mangiamo qui le nostre mele (val Venosta), guardando sorridendo il promontorio di Capo Nord, che si staglia scuro e deserto verso sud-est in attesa di popolarsi come una balera nelle ore serali. Preferiamo non scendere a riva, perché in basso vediamo una colonia di gabbiani, e non abbiamo la benché minima intenzione di compiere di nuovo errori già commessi in passato (Cfr. Diario 9)

Non vogliamo perdere troppo tempo, perché la strada è lunga e (fame a parte) non vorremmo arrivare tardi dalle parti di Alta, volendo ripassare a salutare i ragazzi del Kom-inn (Cfr. Diario 12) ed aggiornare il sito prima di allontanarci verso sud.

Presto ci accorgiamo che faremo davvero tardi. Pippo perde il lume della ragione e pigia sull'acceleratore ogni volta che si avvicina ad un dosso, nella speranza di veder comparire la strada dall'altra parte (e gli altri capiscono subito che c'è ancora da camminare dalla maniera in cui si ferma sconsolato). Pierluigi, accaldato, rimane in retrovia e centellina le forze. Gianfranco si aspetta per la notte l'incubo delle T (con le T che saltano fuori da tutte le parti, lo circondano e lo sommergono). Alexis si ritrova con entrambi gli scarponi aperti come una bocca di balena, ciabattando per chilometri da un sasso all'altro, e ricorda malinconicamente (come parlando di vecchi amici) le scalate vissute insieme (a partire da quella mitica, dell'82 sulla Marmolada solo con la sorella tredicenne).

L'arrivo alla macchina ha un sapore epico, almeno quanto il ritorno di Ulisse ad Itaca, e viene celebrato dando fondo a tutte le provviste rimaste (praticamente niente). Siamo ridotti a prendere acqua e zucchero. Non siamo così sprovveduti come sembra, è solo che abbiamo sbagliato i tempi di percorrenza, e non era proprio possibile farsi 30 chilometri di macchina per andare (e altri 30 per tornare) a far la spesa al primo paese disponibile. Lo facciamo ora, esausti ma soddisfatti, quando ormai sono quasi le cinque del pomeriggio. Il pasto è rapido, dato che abbiamo deciso di fermarci a cena dove già avevamo mangiato due giorni fa (è Pippo a spingere in questa direzione, perché spera di poter incontrare di nuovo una certa cameriera carina, ma sempre ammusata).

Lungo la strada Pierluigi dorme e pian piano si abbronza sotto il sole caldissimo (so che invece da voi oggi ha piovuto!). Gianfranco, alla guida, è sempre al di sopra dei limiti di velocità, inutilmente ripreso da Philippe, che tenta di spiegargli che fra 60 e 85 Km/h c'è una certa differenza, e che gli autovelox ci sono e funzionano benissimo. Ci fermiamo solo una volta, per comprare un bel coltello dai Sami. Arriviamo in città e ci dirigiamo a naso (Alta la conosciamo come le nostre tasche) al fast-food di "Sorriso". Lei non c'è, e ci dobbiamo consolare con un bel panino. Il Monsterburger (250 grammi di carne bovina) ci sembra il più indicato (saprà metterci a dura prova: non è facilissimo maneggiare un macigno del genere, con tutto il condimento che se ne va di qua e di là). Per uno scrupolo di coscienza ci affacciamo al Kom-inn, ma ormai sono le dieci, e dovrebbe essere chiuso.

Non è così. Il giovane predicatore è dietro al banco e ci accoglie con un ampio sorriso. Anche Superman è lì, con altre facce note ed altre nuove. Parliamo un po', poi ci mettiamo al lavoro. Ci vuole tempo, si fa tardi, e noi siamo ancora senza sistemazione per la notte. Cambiamo camping rispetto a domenica, e troviamo la gentile padrona che fa reception direttamente a casa sua. sono le 11 suonate, ma lei non fa una piega. Il camping è carino, ben tenuto, non è una clinica per anziani, e soprattutto ha una bella sala comune (da dove scriviamo) piena di prese di corrente.

Le tende sono tese, fuori c'è il sole. Qualcuno chiacchiera davanti alle hytte, qualcuno passeggia, altri sono al fiume a pescare con gli stivaloni e l'acqua fino alla vita. Ce n'è per tutti i gusti. A noi gusta una bella doccia, scrivere cartoline e riposarci della scarpinata di oggi.

 

Galleria di immagini:

Lungo il sentiero: foto 1   foto 2

Knivskjelodden: gabbiani e cristiani

(e renne)

i Fantastici 4 contro Monsterburger: foto 1   foto 2   foto 3

 

 

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